E adesso voglio il blog della farfalla di Belen.

Ispirata da alcuni precedenti articoli torno a toccare un argomento che sembra riscuotere più di altri l’interesse dei lettori.
Andando di nuovo a girare il dito nella piaga mi (e vi) chiedo: può la quantità contare più della qualità?
E’ da tempo dichiarata la guerra che vede schierati da un lato i giornalisti e, dall’altro, i fashion blogger. I primi vedono il proprio ruolo a rischio, i secondi sono colpevoli di offrire informazioni (quasi) gratis.
Da giornalista che ha aperto un blog posso dire che finché si tratta di blog in grado di offrire vere informazioni è tutto ok, il web è potenzialmente infinito e c’è spazio per tutti.
Non volendo andare a parlare di argomenti che non conosco, mi limito ad analizzare il mio “pollaio”, cioè la moda, per tentare di fare ancora una volta le dovute distinzioni. Considero fashion blogger coloro che si impegnano nel fornire news ed informazioni, anche perché spesso sono più veloci della maggior parte dei giornali. Sono invece outfit blogger tutti quelli che seguono questo iter: mi vesto, mi imbelletto, scendo in strada, mi scatto qualche foto, riverso le suddette foto nella blogosfera. A volte questi ultimi soggetti sono persone meritevoli e competenti, come Karla Deras, ma si tratta di eccezioni. Ma che succede quando chi non ha meriti viene premiato? Come si dovrebbe reagire quando i brand vengono accecati dalla possibilità di essere pubblicizzati semplicemente regalando all’improvvisato recensore dei fondi di magazzino?
Lì allora scatta la necessità di fare il punto della situazione, che sarà pure un argomento trito e ritrito ma meno scontato di quello che potrebbe sembrare. Nei commenti di ‘Pagami, e scriverò di te’: la “dura” vita delle fashion blogger Anna mi scrive: “E’ ovvio che se uno non capisce niente di un certo argomento è un insulto che chieda soldi per farlo, tuttavia il blogger non è un giornalista, quindi non ha una casa editrice che lo paghi e quindi, se vuole che il blog sia un lavoro, deve ‘inventarsi’ un modo per guadagnarci, offrendo – ovviamente – un servizio in cambio e non ho detto che non ami quello che fa semplicemente perchè non lo fa gratis”.
Punto primo: è possibile inserire i banner, vivendo di pubblicità esattamente come le riviste cartacee.
Punto secondo: appunto, devi avere competenze su un determinato argomento, ed alcuni personaggi quotati come la mia (solo di nome) omonima non ce l’hanno.
“Poi sul discorso qualità: io non credo che a Prada (o chi per esso) freghi assolutamente nulla se chi vede – o meglio ancora chi compra – le sue borse se ne intenda della qualità, della creatività, ecc. gliene frega che compri…” Ovviamente questo discorso non è sbagliato, dipende però da che tipo di pubblico vuole raggiungere il brand. Senza contare che credo sia troppo pressappochista intraprendere questa strada, perché si rischia di tornare con la coda tra le gambe da chi qualche mese prima si era comportata da regina capricciosa.

Se contano solo i numeri, allora aspetto con impazienza che la farfallina di Belen apra il suo blog di finanza. Scommetto che potrebbe superare in breve tempo i numeri di tutte le migliori blogger…

 

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